Il testo sull’ omofobia e la transfobia approvato dalla Camera dei Deputati alcuni giorni fa, dopo una mediazione quasi grottesca, riconosce l’omofobia quale crimine di odio, ma riconosce, per legge, anche il diritto a discriminare sulla base della propria appartenenza politica, culturale, religiosa e persino lavorativa. Grazie agli emendamenti di PD e Scelta Civica, “non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee”.Pluralismo delle idee riconducibile non al pregiudizio del singolo ma ad un convincimento ideologico di “organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto”.
Paradossalmente vengono escluse dalle conseguenze della legge tutte quelle realtà che sono alla base della disinformazione e del pregiudizio che generano discriminazione e violenza. Medici, insegnanti, esponenti delle istituzioni politiche e amministrative e persino operatori della cultura potranno continuare ad offendere, umiliare e discriminare gay, lesbiche e i trans dalla loro posizione di potere istigando, indirettamente, a quell’odio e a quella violenza che la stessa legge vorrebbe combattere.
Ancora una volta il diritto delle e dei cittadini omosessuali e transessuali a vivere liberamente la propria vita viene posto sullo stesso piano del “diritto” degli omofobi ad impedirglielo.
La libertà di espressione, garantita dalla Costituzione Italiana come dalla Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo, non è libertà assoluta di dire quello che si vuole ma è subordinata a particolari doveri e responsabilità e le sue restrizioni sono legittime qualora ritenute necessarie al fine di proteggere la reputazione e i diritti altrui. Una società democratica, che ha fra i suoi capisaldi la tutela delle minoranze, deve necessariamente trovare un bilanciamento tra libertà di espressione e i diritti fondamentali delle persone.
Volevamo una legge che ci aiutasse a combattere le cause profonde dell’omofobia, come il pregiudizio e l’ignoranza, non la loro legittimazione come “libera opinione riconducibile al pluralismo delle idee”. Volevamo corsi di formazione per insegnanti, medici e assistenti sociali perchè imparassero a relazionarsi con realtà anche familiari di gay e lesbiche, affinchè smettessero di trasmettere informazioni originate dal pregiudizio e dall’ignoranza; volevamo pene sociali alternative per gli omofobi in un’ottica rieducativa; volevamo semplicemente l’estensione di una legge contro i crimini di odio anche all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Cosa ce ne facciamo di una legge che aumenta le pene per crimini già condannati dal nostro ordinamento e legittima, di fatto, l’omofobia “istituzionale”?
E non solo l’omofobia. L’emendamento infatti modifica la legge anche per tutte le altre fattispecie di reato. Le “opinioni” razziste, sessiste, contro un diverso credo politico o religioso, se “liberamente espresse” da appartenenti ad organizzazioni che legittimano queste forme di odio, saranno escluse dalle conseguenze della legge in quanto riconducibili al “pluralismo delle idee”. Senza alcuna limitazione dovuta, ad esempio, al ruolo istituzionale che si ricopre, sia esso in campo politico, sanitario o scolastico.
Condannare forme di odio e di discriminazione senza combatterne le cause sociali e culturali ma, semplicemente inasprendo le pene per chi discrimina in maniera violenta, rientra in una visione repressiva della società che non ci appartiene. L’educazione ad una cultura del rispetto di tutte le diversità presuppone, in primis, una limitazione della “libertà di espressione” perchè non diventi, in nessun caso, libertà di offesa.