Nina Martinez è la prima donatrice d’organi vivente HIV-positiva al mondo
Un altro passo per la medicina e per i pazienti HIV-positivi è stato compiuto qualche settimana fa, al John Hopkins Hospital di Baltimora, dove è stato eseguito con successo il primo trapianto d’organo da donatore vivente HIV-positivo ad un altro paziente, sempre HIV-positivo.
La donatrice, una donna di Atlanta di 35 anni, si chiama Nina Martinez ed è stata infettata dal virus HIV nel 1983, quando aveva appena 6 settimane, in seguito ad una trasfusione di sangue. Questo accadeva nei primi anni della diffusione dell’infezione, quando ancora le donazioni non venivano controllate per il virus HIV.
“Sono convinta che la mia disinvoltura nel parlare dell’HIV faccia sentire le persone più a loro agio con l’idea, e attribuisco ciò al fatto di essere stata diagnosticata quando ero così piccola” dice. “Non avevo idea che l’HIV dovesse essere qualcosa di cui dovevo vergognarmi. Se ci fosse bisogno di una prova che si può vivere una vita intera con l’HIV, questa sono io. Convivo con l’infezione da 35 anni, più o meno l’intera durata dell’epidemia negli USA!”
Come spesso avviene in queste situazioni, la sua scelta di donare un rene è stata ispirata da un’amica, anche lei affetta da HIV, che però è morta lo scorso Novembre nell’attesa del trapianto. Nel frattempo, Nina aveva già iniziato una serie di rigorosissimi controlli per assicurarsi di essere idonea all’espianto dell’organo, che hanno confermato la possibilità di procedere al trapianto. “Nina rispecchiava i criteri standard del donatore: sana, senza ipertensione o diabete, e perciò il suo unico fattore di rischio per malattie renali era l’HIV, e attraverso i nostri esami abbiamo stabilito che fosse un fattore di rischio lieve ed accettabile.” ha affermato la Dr.ssa Christine Durand, professoressa associata di medicina e oncologia del John Hopkins. E così Nina ha deciso di proseguire comunque:
“Sapevo che quei test erano costati tanto, non farli fruttare sarebbe stato uno spreco. Inoltre il fatto di poter togliere dalla lista d’attesa qualcuno che è HIV-positivo significa che tutti salgono nella lista d’attesa, che siano HIV-positivi o meno.”
Un intervento pionieristico
L’intervento eseguito al John Hopkins rappresenta un passo avanti in un percorso di ampliamento delle possibilità di accesso alle donazioni di organi per i pazienti HIV-positivi. Percorso a cui gli stessi chirurghi che hanno operato Nina lavorano da anni.
Fino al 2013, infatti, negli USA non era possibile effettuare trapianti d’organo da donatori HIV positivi, a causa di una legge del 1988 (Organ Transplant Amendments Act). Tuttavia, come affermato dal Dr. Dorry Segev, professore associato di chirurgia all’Università di Medicina del John Hopkins, si trattava di una legge superata.
“Era ormai una norma anacronistica, emanata nel periodo del terrore dell’AIDS, quando l’infezione da HIV rappresentava una condanna a morte”, afferma in un’intervista del 2016 su NPR.
Ma i tempi, e le leggi, sono fortunatamente cambiati. Anche grazie allo stesso Dr. Segev, che ha contribuito ad abbozzare quello che poi sarebbe diventato il cosiddetto HOPE (HIV Organ Policy Equity Act), un provvedimento firmato da Obama nel 2013 che ha permesso di superare il divieto di donazione di organi da soggetti HIV-positivi a riceventi HIV-positivi.
“La prima cosa che abbiamo fatto è stata stimare l’impatto che una legge del genere avrebbe avuto. Quindi abbiamo portato avanti uno studio per capire quanti potenziali donatori deceduti HIV-positivi ci fossero, e sono risultati essere circa 500 all’anno. Parliamo di più di 1000 organi, di più di 1000 vite salvate. Abbiamo pensato che fosse una cosa di grosso impatto, quindi abbiamo pubblicato lo studio per attirare l’attenzione dei media sulla questione. Poi abbiamo reclutato gruppi dalla comunità dei pazienti sieropositivi, dei pazienti trapiantati, gruppi di avvocati dei pazienti e dalla comunità medica: tutti si sono uniti nella lotta. Abbiamo scritto un testo che poi sarebbe diventato l’HOPE.”
Rispetto agli anni ‘80, l’infezione da HIV è ora totalmente cambiata: da un’infezione che quasi irrimediabilmente portava ad una patologia mortale (l’AIDS), grazie alle nuove terapie, è diventata una malattia cronica. “I pazienti ci convivono per tutta la vita”, dice Segev. “Devono solo prendere le terapie antiretrovirali”. Questo ha portato anche ad un aumento del numero di pazienti HIV-positivi inseriti nelle liste d’attesa, proprio per l’allungamento della loro aspettativa di vita. Inoltre, le terapie antiretrovirali e le altre terapie di supporto aumentano il rischio di scompenso renale ed epatico, aumentando le probabilità di questi pazienti di finire nelle liste d’attesa per il trapianto.
Rendere sicuro il trapianto.
Proprio il fatto che i pazienti HIV-positivi siano a maggior rischio di scompensi epatici e renali aveva sollevato la preoccupazione circa le donazioni d’organo da vivente, mettendo in dubbio la sicurezza per i donatori di poter sopravvivere con un solo rene o a seguito dell’espianto di una porzione di fegato per il trapianto.
Tuttavia le nuove terapie per l’HIV sono più efficaci e anche meno dannose per la salute dei pazienti che le assumono, pertanto i medici del John Hopkins hanno ritenuto fosse opportuno fare un tentativo. Hanno quindi sottoposto Nina Martinez a numerosissimi test per assicurarsi che fosse idonea all’intervento; un processo che è durato circa 9 mesi, a seguito del quale hanno deciso che fosse sicuro per lei procedere con la donazione.
“Hanno determinato che il mio rischio di future malattie renali fosse davvero davvero basso” ha detto la Martinez.
In Italia
Con circa 5 anni di ritardo, è giunto a compimento anche in Italia il processo per cambiare la vecchia legge che impediva l’esecuzione di trapianti da donatori HIV-positivi a riceventi HIV-positivi.
Risale all’8 Marzo 2018 la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della modifica dell’articolo 3 del decreto 2 agosto 2002 «Criteri e modalità per la certificazione dell’idoneità degli organi prelevati al trapianto (art. 14, comma 5, legge 1 aprile 1999, n. 91)».
La modifica sancisce la possibilità di donazione da paziente HIV positivo “di cui sia stata accertata la morte, ai sensi della normativa vigente, a favore di riceventi HIV positivi.”
Si parla ancora quindi di donazioni da pazienti deceduti, sebbene la legge italiana preveda in realtà la possibilità di donazioni – ad esempio di rene – da parte di donatori viventi congiunti o relativi del paziente ricevente, anche nell’ottica dei cosiddetti trapianti crociati. I presupposti per imitare la buona pratica del John Hopkins pertanto sembrano esserci tutti, speriamo di non dover attendere troppo prima di potervi raccontare del primo caso italiano.
Altri riferimenti bibliografici:
https://nowthisnews.com/videos/news/nina-martinez-becomes-first-hiv-positive-kidney-donor-in-history