Cassazione: subito diritti alle coppie gay. Matrimonio? Decida il Parlamento
“La Cassazione dice no alle nozze gay”. Con un pò di confusione circa il ruolo della Cassazione, la stampa italiana ha tradotto con questa formula un pò rozza e inesatta il dispositivo con cui la prima sezione civile della Cassazione ha respinto il ricorso di una coppia gay desiderosa di sposarsi in Campidoglio con tanto di pubblicazioni. Secondo la Suprema Corte il no al matrimonio e pubblicazioni di nozze per le coppie omosessuali non può essere considerato una discriminazione perchè la Costituzione italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE non impongono di estendere il matrimonio alle coppie gay e lesbiche, scelta che può però essere adottata dai singoli Parlamenti. Impongono invece, già ora, di riconoscere alle famiglie omosessuali “un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determina una lesione di diritti fondamentali derivanti dalla relazione“. I giudici incalzano quindi il Parlamento sulla necessità di dare un “riconoscimento“, in base all’articolo due della Costituzione che tutela i diritti umani dei singoli e della loro vita sociale e affettiva, a “un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia” e affermare la “riconducibilità” di “tali relazioni nell’alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, in forma primaria, della personalità umana”.
Rispetto al matrimonio la Corte precisa che “l’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ancorché formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo”.
In definitiva si tratta di una sentenza per nulla sfavorevole ai diritti delle persone omosessuali, anzi sottolinea l’urgenza di una regolamentazione delle famiglie gay che ne parifichi i diritti con le coppie formalmente sposate. Che questo porti all’estensione del matrimonio o ad altri dispositivi legislativi (Unioni Civili, coppie di fatto, civil partnership ecc.) non sta a loro deciderlo ma ai rappresentanti dei cittadini democraticamente eletti. Per chi pensava di percorrere la via legale per ottenere diritti è certo una doccia fredda ma non possiamo in alcun modo attribuire alla Corte di Cassazione una dimensione politica che non le appartiene. La magistratura ha il compito di controllare che le leggi dello Stato siano rispettate e, al limite, esortare gli organi preposti, il Parlamento, ad intervenire per superare l’attuale discriminazione esistente in merito ai diritti delle persone e delle famiglie.
Più che arrabiarci con i giudici dell’alta corte dovremmo scatenare tutta la nostra rabbia verso i veri colpevoli di questa situazione: Governo e Parlamento!